Sono un giocatore di serie C e non so le cose.

«Io penso che siano gente che, venendo da un livello abbastanza basso, mi riferisco alla Serie C, alla Serie B e alla Serie A, e non conoscendo gli aspetti internazionali, molto probabilmente non si sono mai accorto che le nomine di uno staff per la nazionale vada da quadriennio a quadriennio o da campionato del mondo a campionato del mondo. (…) La critica, penso che venga da una non conoscenza. Io, usando un aggettivo, vorrei dire simpatico e non certamente offensivo perché non voglio offendere nessuno, dico forse sono un po’ tra virgolette apprendisti, ma apprendisti nel senso di conoscere quello che succede a livello, nell’alto livello mondiale. La federazione italiana non ha fatto nient’altro che fare quello che altre federazioni hanno fatto (…); per cui mi sembra abbastanza normale questo, normale all’interno di una progettualità che comunque bisogna svolgere e comunque bisogna portare avanti.»

Una piccola premessa, prima di iniziare:

Ebbene sì, sono stato un giocatore di Serie C, lo ammetto.
I miei contatti con il rugby di alto livello, nazionale e internazionale, si formano principalmente sugli spalti del Lanfranchi, del Monigo e di qualche stadio qua e là oltralpe e oltremanica.
E ai banconi dei relativi terzi tempi.

Quindi, quando si parla di tavoli federali, mosse politiche, accordi e amicizie, mosse e contromosse, la mia opinione non può che essere, con generosità nei miei stessi confronti, incompleta.
La mia formazione primaria è avvenuta sui campi senza erba, sulle righe tracciate la domenica mattina prima della partita, negli spogliatoi con le birre di bassa qualità e le docce che vanno a singhiozzo.
È evidente che non possa pontificare sulle questioni internazionali di una Federazione con migliaia di iscritti, nè decidere sulle sue sorti – cosa che non voglio neanche fare, dato il mio affetto verso quel principio politico che mi porta a volere persone migliori e più preparate di me nei posti di potere, non l’uomo della strada.

Però, mi (e ci) sia concessa la possibilità di poter esprimere delle opinioni, visto che la gente dall’abbastanza basso livello è ancora quella che, da sola e contando sulle sue uniche proprie forze, mantiene questo sport vivo negli occhi di giovani e veterani in tutto il Paese.

Quindi, caro Presidente Gavazzi, qualche piccola annotazione.

Eccellenza, pardon, Top12.

Partiamo dal presupposto che un Presidente Federale, forte del suo passato e della sua esperienza, dovrebbe evitare di cadere in trappole che si costruisce da solo.
La Presidenza è, in primis, un ruolo politico e, di conseguenza, bisognerebbe essere capaci di volteggiare e camminare, con solido equilibrio, sul sottile filo della diplomazia.
Cosa che, a quanto pare, non è avvenuta con le dichiarazioni riportate all’inizio, con rovinosa caduta e conseguente frastuono.

Chiunque abbia solcato i campi o assistito, almeno una volta, a una partita di Serie C, B o A sa che il livello del gioco non è quello della Premiership o del Top14. Ovviamente.

Ma siamo sicuri che, in questa lista, non vada inserito anche il nostro principale campionato nazionale?
Quell’Eccellenza da sempre indicata come grande, fondamentale, trampolino di rilancio del nostro sport, il cui unico grande mutamento degli ultimi anni è stato il cambio di denominazione in Top12 a metà del 2018. Scelta non del tutto da condannare, visto l’ingresso di Peroni come main sponsor l’anno successivo.
“Eccellenza Peroni”, con buona pace dei responsabili marketing FIR e del birrificio nato a Vigevano, sarebbe sembrata più una doppio malto non filtrata che un campionato sportivo.

Ogni anno il copione si ripete.
Grandi proclami e ringraziamenti al principale campionato nazionale, tante foto e qualche permit player che lascia la squadra per il salto in franchigia. Per il resto e per i campionati inferiori, niente risorse e poco altro quando, al contrario, per far crescere e mantenere il nostro sport serve supporto – tecnico ed economico – vero, attivo.

Uno sport – qualsiasi, ma soprattutto il nostro – cresce dalle radici e solo dopo qualche anno si potrà ammirare la bellezza del fiore. Ma se continuiamo a innaffiare ogni tanto, quando ce ne ricordiamo e/o ci fa comodo, non stupiamoci del fatto che le persone preferiranno ammirare le fioriere di qualcun altro.

Copiamo gli altri, ma copiamo male.

Finalmente, scopriamo le carte anche su questo tavolo.

Niente idea di sviluppo di movimento e gioco “all’italiana”, visione dal bel senso visto che, molto semplicemente, noi non siamo Irlanda, Inghilterra o Francia e necessiteremmo di altre cose rispetto a loro.
Il rugby professionistico è per noi ancora una faccenda molto giovane, troppo per i tempi di sviluppi di un processo serio. Quindi, invece di spaccarsi la testa su un percorso da intraprendere e da percorrere un passo alla volta, tutti insieme, perchè non optare per la via più facile e copiare gli altri, con le risorse che tutti conosciamo – poche – e, di conseguenza, risultati carenti?

Altra piccola nota a margine: le altre Federazioni investono, e tanto, su tutto il territorio. Esempio davvero stupido, ma piccola cartina di tornasole: basta seguire gli account Instagram e Facebook della Federazione inglese per vedere più di un video di azioni provenienti dal Championship o dalle National League. Anche questo, è dare visibilità e importanza, anche a costi contenuti.

Per concludere, le altre Federazioni non hanno allenatori prestati dalle Franchigie alla Nazionale. E questa precisazione non ha davvero nulla di personale nei confronti di Pilat e Goosen, la cui stima nei loro confronto è assoluta. È una questione di gestione e di immagine soprattutto: così sembra che si vada al risparmio.

La mischia con De Carli non ha fatto salti di qualità negli ultimi 7 anni – tanto che gran parte della tifoseria rimpiange la grande mischia dei primi anni 2000 – e la “promozione” di Troncon prosegue, e spiace dirlo, in questa direzione.

Scrivo ciò nonostante l’assoluto affetto, la totale considerazione e la grandissima simpatia che provo nei confronti di uno dei più grandi giocatori della nostra storia e, con tutta probabilità, il miglior mediano di mischia azzurro.

I risultati dell’attacco delle Zebre sono tali da giustificare questa scelta? In fin dei conti, Carlo Canna è stato scoperto come ottimo primo centro (con riconosciuta soddisfazione di staff, giocatore e tifosi) dai tecnici della Nazionale, dopo anni giocati all’apertura nelle Zebre proprio in quel reparto allenato da Tronky.
Ora si tornerà indietro? Si proseguirà con gli stessi metodi di allenamento quasi scontati per i giocatori di Parma e totalmente nuovi per il reparto biancoverde? Si vedrà, i nostri auguri di splendido lavoro ai tecnici di avanti e trequarti (piccola aggiunta: parleremo mai di tecnici di attacco e difesa, invece di impacchettare i ruoli in categorie avanti – trequarti forse da rivedere?) sono ottimisti e sinceri.

Il marchese del Grillo. Io so’ io…

La frase del Presidente è sicuramente infelice ed è ulteriore benzina sul fuoco della polemica che si spegnerà, forse, con le nuove elezioni federali. Ma noi vogliamo andare oltre le parole e guardare un contenuto basilare, evidente e sempre attuale.

Quell’arroganza neanche troppo velata di “fare come ci pare, perchè chi non ci capisce non può criticare” per niente simpatica (come ha Gavazzi stesso definito l’aggettivo “apprendista”, cercando di coprire il buco con una toppa ancora peggiore) e riflesso di un movimento poco sereno, che si sente lasciato solo e non naviga bene.

Chiudiamo, come di consueto, con una frase detta o scritta da uno dei più grandi uomini del secolo, che parla proprio di arroganza e a cui, in tutta sincerità, c’è poco da aggiungere.

“Un buon leader può impegnarsi a iniziare un dibattito in modo franco e accurato, sapendo che alla fine lui e il lato opposto dovranno essere alle fine più vicini, e quindi, emergere entrambi più forti di prima. Non si ha questa idea quando si è arroganti, superficiali e disinformati.”

Nelson Mandela.